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Presentazione de "Il Cinema di Kainos"

Lo spazio dedicato al cinema come forma d’espressione artistica e come concezione/rielaborazione del reale o del possibile è stato pensato come un territorio sul quale cercare di avviare sia momenti di approfondimento della cultura cinematografica che relazioni con i saperi delle scienze umane.

Ormai da molti anni alcuni tra i principali pensatori contemporanei (da Deleuze a Žižek) dedicano dei lavori più o meno tecnici al reperimento di temi specifici dei modi in cui l’arte cinematografica ci parla, ci stuzzica, ci coinvolge. La stessa nozione di “soggetto” è ormai da tempo oggetto di interferenze create dal cinema, ma ancor più lo è la percezione della realtà.

Al di là delle definizioni stereotipate di studiosi come Bazin o degli aforismi di uomini cresciuti all’interno del mondo cinematografico come Godard o Tarkovskij, è un fatto che il cinema sa essere sempre qualcosa in più di ciò che riusciamo a dire quando ne parliamo. Perciò va trattato seriamente, secondo i suoi paradigmi interni ma anche cercando di collegarne i nuclei essenziali con quelli tipici di altri mondi culturali. Nulla può infatti dirsi definitivamente estraneo al cinema. Al massimo, si possono dare dei casi di estraneità provvisoria.

Lo spazio è articolato in tre diramazioni: Studi e Ricerche, Recensioni, Percorsi.

Nella prima, Studi e Ricerche, i lavori saranno dedicati all’individuazione di argomenti particolari interni alla storia della cinematografia o che presentano dei punti di contatto tra questa e i saperi filosofici, sociologici, antropologici.

Nella seconda, Recensioni, si svilupperanno momenti di riflessione su singoli film, documentari oppure eventi cinematografici.

Nella terza, Percorsi, si ripercorreranno strade considerate particolarmente significative nella storia del cinema. Il primo percorso proposto è dedicato all’opera di registi appartenuti ai Paesi del patto di Varsavia che sono riusciti – negli anni della guerra fredda – a costruirsi delle identità artistiche proprie nonostante il realismo socialista fosse ancora in vigore come estetica di Stato, e perciò questo percorso è stato chiamato «Al riparo dal sole dell’avvenire».