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Il dialogo dell'uomo con la comunità attraverso l'analisi di Gramsci e Voloshinov

  di S. Dugo e W. A. Camargo2
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1. Introduzione

La proposta di lettura comparata tra due intellettuali del Novecento, Antonio Gramsci e Valentin Voloshinov, suggerisce l’approfondimento della filosofia del linguaggio dell’uno e dell’altro. Uno dei temi centrali dei
Quaderni del Carcere di Antonio Gramsci è la funzione dell’intellettuale. Il suo ruolo fondamentale nella società è creare, progettare e realizzare una nuova forma del sapere. Per il filosofo italiano la funzione dell’intellettuale nella società esige l’uso appropriato del linguaggio e dei singoli lemmi. Voloshinov, invece, propone una teoria del linguaggio basata sull’analisi approfondita di ogni singola parola. L’obiettivo é capire e chiarire le interrelazioni tra le loro teorie, seguendo la linea di pensiero marxista dei due filosofi3.

La scelta di proporre uno studio comparato tra questi autori ha l’obiettivo di confrontare le questioni gramsciane con due temi di Bachtin: la funzionalità della parola letteraria e il carattere di dialogicità che questa ha nella società. Si tratta di studiare la sua funzione nel testo e di stabilire qual è la sua funzione nella società, considerando che il linguaggio è un elemento contingente e concreto del sapere in continua trasformazione, e non uno strumento astratto. Seguendo l’analisi di Gramsci e di Voloshinov, scopriamo che le stesse trasformazioni interessano la nostra società attuale.

È necessario comprendere la teoria del linguaggio di Gramsci e confrontarla con le teorie del linguaggio Bachtin/Voloshinov4. E a tale proposito è fondamentale capire il marxismo di Gramsci e quello dei due sovietici, scoprendo così la straordinaria corrispondenza nelle due opere.

Analizzando le tematiche con la lettura comparata, cercheremo di confrontare alcuni brani deiQuaderni del carcere5di Gramscicon altri estratti dall’edizione brasiliana Marxismo e filosofia del linguaggio6di Bachtin/Voloshinov. Analizzeremo il significato degli “slogans”, delle parole e delle espressioni incontrate nelle opere, per capire il loro riferimento alla società attuale.L’analisi di “lingua” e “linguaggiopermette di comprendere perché il pensiero gramsciano è analogo ai concetti del filosofo sovietico, e perché questi sono espressi in modo diverso e con altra analisi.

 

2. L’intellettuale e il linguaggio

Nei Quaderni del Carcere si riflette sui lemmi “lingua” e “linguaggio”7. Il tema della responsabilità dell’uomo rispetto al proprio destino rinvia alla questione della parola e del linguaggio nella società. A questo proposito possiamo dire gramscianamente che l’uomo costruisce la storia collaborando con gli altri individui nella società, parafrasando uno dei brani più famosi della lettera al figlio Delio, in cui egli descrive la comunità sociale formata da vari individui che lottano, lavorando uniti “per migliorare se stessi”8.

Gramsci abbandonò gli studi all’Università di Torino dopo il 1915, a causa delle difficoltà economiche9. Inoltre sappiamo con certezza di un’offerta di lettore di italiano ricevuta dall’Università di Amburgo, nell’anno 1915. Nello stesso periodo egli scrive sull’“Avanti!”, affermando di essere uno studente laureando in “storia del linguaggio”, e di scrivere la tesi di laurea, seguendo la linea di interpretazione marxista. E aggiunge anche che il professor Matteo Bartoli lo considera già un promettente studioso di linguistica. Ma lo definiamo studioso della lingua anche per altre ragioni. Nello stesso periodo egli studia la lingua italiana e la linguistica, considerandole discipline di un preciso progetto di ricerca, anche se si tratta della preparazione della tesi di laurea e non di una ricerca scientifica. Lo conferma parte del contenuto tematico di una Notadel Quaderno 11, dedicata al tema della “traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici”: evidentemente egli vuole applicare il metodo marxista al metodo di studio della linguistica. Ulteriore conferma è la Nota6, IV, nel Quaderno10, anch’essa intitolata Traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici. Le note sono raccolte nella rubrica generale delle filosofie speculative e della filosofia della prassi. Le filosofie speculative possono essere interpretate anche all’interno del grande tema della “politica”; e siamo in un momento storico-politico particolare, in cui la filosofia della prassiinterpreta le relazioni umanedella conoscenza come elemento reale di egemonia politica.

La filosofia della prassi è il marxismo che Gramsci utilizza come metodo per studiare lo sviluppo delle relazioni umane nel processo dialettico del sapere, e certamente anche come elemento utile per analizzare l’egemonia politica. Il rapporto dialettico della conoscenza tra gli individui si realizza attraverso il linguaggio. Nei Quaderniè possibile raccogliere le note che studiano il tema della “traducibilità dei linguaggi scientifici e filosofici”, argomento già trattato nel Quaderno11. Fermo restando che la nota è inserita all’interno di uno studio sulla filosofia, proviamo a spiegarne il contenuto e il significato. È evidente che si tratta sicuramente della trasformazione di un tipo di linguaggio in un altro; pensiamo allora alla traduzione del linguaggio poetico in quello filosofico, o del linguaggio artistico in quello musicale. Riflettiamo anche sulla traducibilità del linguaggio dialettale in linguaggio colto degli intellettuali, rappresentanti del popolo istruito, e pensiamo alla traduzione del linguaggio di una classe sociale nel linguaggio di un’altra.

Secondo Gramsci la conoscenza è affidata al processo del linguaggio che deriva “dal basso”, e che parte dal popolo per diffondersi nell’intera società. La comunicazione non avviene attraverso gli elementi formali studiati da Saussure come la parola langue. Ma Gramsci pensa invece ai linguaggi, come svariati modi dell’uso della lingua, che appartengono alla fabbrica della comunicazione orale, parlata e scritta. Si tratta delle stesse teorie che Voloshinov/Bachtin indicano come “espressioni” e che Saussure riduce drasticamente all’unico termine “parole”.

Nei Quaderni del Carcere (Q 29, 1, 2341)10abbiamo due proposte di studio connesse tra loro: i lemmi “grammatica normativa” e “grammatica spontanea”. Tuttavia il linguaggio non si esaurisce alla sfera delle scienze naturali, ma si estende a una prospettiva più ampia, più precisamente culturale.Il linguaggio può creare la coscienza delle persone, ma noi dobbiamo interpretarlo come strettamente associato alle circostanze concrete della realtà, e non secondo il significato idealista o metafisico.

L’intellettuale deve sapere interpretare le necessità del popolo. Nel brano Introduzione allo studio della filosofia, Gramsci si interroga su quello che l’uomo rappresenta nella filosofia. Egli è il risultato delle sue azioni e delle sue scelte, in senso concreto e realistico.

Che cosa è l’uomo? È questa la domanda prima eprincipale della filosofia. Come si può rispondere. La definizione si può trovare nell’uomo stesso; ecioè in ogni singolo uomo. Ma è giusta? In ogni singolo uomo si può trovare che cosa è ogni«singolo uomo». Ma a noi non interessa che cosa è ogni singolo uomo, che poi significa che cosa èogni singolo uomo in ogni singolo momento. (Q 10, 54, 1343-4).

L’uomo deve controllare la propria vita e non può sperare in un intervento proveniente dall’esterno che modifichi il suo destino; pertanto, Gramsci scrive l’intero brano parlando dell’uomo attivo che pensa e che riflette, e che è il risultato delle proprie azioni, e quindi si interroga sull’identità dell’individuo che è un pensiero oggettivo, tangibile e non astratto. In verità si tratta dell’invito a riflettere sui limiti che abbiamo, di un incentivo a comprendere quanto riusciamo a essere “creatori di noi stessi” e della nostra vita. È importante riflettere su questa domanda oggi, perché non possiamo pensare astrattamente la nostra vita, perdendoci in una filosofia astratta. L’uso corretto del linguaggio è fondamentale, perché l’uomo possa creare una sua identità attiva e produttiva nella società. Quindi il discorso non va interpretato in senso idealistico o metafísico, ma strettamente connesso alle circostanze concrete della realtà11.

La formazione degli intellettuali interessa anche alcune questioni della nostra società attuale. In questo brano Gramsci riflette proprio sulla funzione dell’intellettuale nella società.

Gli intellettuali sono un gruppo sociale autonomo e indipendente, oppure ogni grupposociale ha una sua propria categoria specializzata di intellettuali? Il problema è complesso per levarie forme che ha assunto finora il processo storico reale di formazione delle diverse categorieintellettuali. Le più importanti di queste forme sono due:

1) Ogni gruppo sociale, nascendo sul terreno originario di una funzione essenziale nel mondo dellaproduzione economica, si crea insieme, organicamente, uno o più ceti di intellettuali che gli dannoomogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche inquello sociale e politico: l’imprenditore capitalistico crea con sé il tecnico dell’industria, loscienziato dell’economia politica, l’organizzatore di una nuova cultura, di un nuovo diritto, ecc. (Q 12, 1, 1513).

[…]

La frase “la mancanza di sobrietà e di ordine intellettuale porta anche al disordine morale”, insegna che l’intellettuale ha delle responsabilità verso la società; egli deve usare sobrietà nel linguaggio parlato e scritto, e ogni classe sociale ne usa uno specifico diverso dagli altri. Ciascun individuo conversa usando espressioni appartenenti a quel linguaggio specifico; le differenze tra le classi sociali sono determinate dai diversi tipi di linguaggio. Ogni persona comunica con gli altri attraverso un codice linguistico che contraddistingue la sua funzione nella società. L’uso del linguaggio è importante nella comunicazione e determina qual è la funzione dell’intellettuale in questo processo. Egli può creare “gente sobriao provocare “il disordine intellettuale e morale”12.

Tutti i più ridicoli fantasticatori che nei loronascondigli di geni incompresi fanno scoperte strabilianti e definitive, si precipitano su ognimovimento nuovo persuasi di poter spacciare le loro fanfaluche. D’altronde ogni collasso porta consé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare uomini sobri, pazienti, che non disperino dinanziai peggiori orrori. e non si esaltino a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà. (Q 28, 11, 2331-2).

L’uomo nuovo nel progetto di educazione laica della collettività è un problema essenziale che appartiene alla concezione del socialismo specificatamente gramsciano, quindi il concetto va interpretato all’interno di una prospettiva diversa dalla tradizionale: creare una comunità in cui ogni individuo propone alla collettività il suo patrimonio di risorse, non solo materiale, ma anche intellettuale.

Possiamo affermare che, per Gramsci, sia importante costruire un socialismo per diffondere un determinato tipo di cultura, cioè un modo di pensare diverso, o per così dire, un nuovo modo di esprimere il pensiero diverso dal tradizionale, per realizzare l’uguaglianza sociale, progettata come un nuovo processo mentale e costruita attraverso un nuovo modo di interpretare il sapere e la formazione culturale dell’individuo.

Questo processo è complesso, difficile e non ha fine, perché nasce sempre un nuovo livello superiore di cultura, raggiungibile attraverso l’impegno intellettuale. È come una sete del sapere che non può essere considerata mai completamente soddisfatta, come se dovesse trasformarsi continuamente nel metodo ppiù vantaggioso per la maturità della comunità socialista.

L’intellettuale deve fare buon uso della parola nella comunicazione sociale, costruendo nuovi sistemi di scambio di informazioni con gli altri. Per Gramci tutti gli uomini possono essere intellettuali o filosofi. La diffusione di un nuovo modo di concepire il sapere all’interno della comunità incontra tuttavia un importante sostrato culturale già formato e probabilmente sconosciuto al centro di diffusione. Pensare che un gruppo di intellettuali specialisti del sapere incontrino un terreno fertile, in cui nascono e si formano nuove idee senza alcun impedimento, è un errore e sicuramente un’illusione. In verità, ogni gruppo sociale e ogni comunità filtrano il sapere attraverso il proprio modo di pensare e di comprendere; pertanto l’intellettuale deve conoscere il sostrato culturale della comunità in cui sta lavorando, per facilitare il processo di osmosi del nuovo modo di pensare. Egli può creare un modo di pensare differente, rigenerato dal precedente, definito “vecchio” da Gramsci. Di conseguenza è facile comprendere che ogni “gruppo sociale” non acquisisce “un nuovo modo di pensare” con la stessa modalità degli “intellettuali professionisti”.

Dunque il processo di diffusione del sapere è complesso e richiede l’impegno dell’intellettuale; il sistema di idee proposto verrà modificato dopo essere stato filtrato dalle masse. In altri termini, “un intellettuale specializzato” deve interagire con la comunità. Proporre nuove idee, pensando ingenuamente che saranno assorbite rapidamente come sono state proposte inizialmente, è un atteggiamento dell’intellettuale superficiale, e appartiene allo stile del pensare dei mediocri. La formazione culturale automatica è un processo meccanico e ripetitivo, specifico degli uomini che non riescono a ragionare. Al contrario, per Gramsci l’uomo non è un individuo automatico che lavora nell’industria del montaggio del sapere, ma è un essere umano attivo e creativo13.

Lacapacità dell’intellettuale di professione di combinare abilmentel’induzione e la deduzione, di generalizzare, di dedurre, di trasportare da una sfera a un’altra uncriterio di discriminazione, adattandolo alle nuove condizioni, ecc. è una «specialità», non è un datodel «senso comune». Ecco dunque che non basta la premessa della «diffusione organica da uncentro omogeneo di un modo di pensare e di operare omogeneo». Lo stesso raggio luminoso passaper prismi diversi e dà rifrazioni di luce diverse: se si vuole la stessa rifrazione occorre tutta unaserie di rettificazioni dei singoli prismi.La «ripetizione» paziente e sistematica è il principiometodico fondamentale. Ma la ripetizione non meccanica, materiale: l’adattamento di ogni principio alle diverse peculiarità, il presentarlo e ripresentarlo in tutti i suoi aspetti positivi e nellesue negazioni tradizionali, organizzando sempre ogni aspetto parziale nella totalità. (Q 1, 43, 33).

Allo stesso modo, Voloshinov/Bachtin parlano della comunicazione sociale, usando espressioni simili a quelle di Gramsci.

Nessun segno culturale, qualora sia compreso e dotato di senso, rimane isolato, ma rientra nell’unità della coscienza verbalmente formata. La coscienza è capace di trovarvi un qualche approccio verbale. Pertanto intorno a ogni segno ideologico si formano come delle onde di echi e risonanze verbale che si propagano. Ogni rifrazione ideologica dell’essere in formazione, in qualsiasi materiale significante, è accompagnata dalla rifrazione ideologica nella parola come fenomeno concomitante obbligatorio. La parola è presente in ogni atto di comprensione e in ogni atto di interpretazione14.

Non è un caso che entrambi abbiano elaborato una filosofia del linguaggio, utilizzando espressioni simili, o addirittura uguali. Come spiegare queste somiglianze? Per capire è sufficiente leggere i titoli della Prima Partedi Marxismo e filosofia del linguaggio: Filosofia del linguaggio e la sua importanza per il marxismo, Studio delle ideologie e Filosofia del Linguaggio.Voloshinov scrive varie espressioni nella stessa pagina, parlando di “leggi della rifrazione ideologica dell’esistenza neisegni e nella coscienza” e del “metodosociologico marxistae della “filosofia del linguaggio,concepita comefilosofia delsegno ideologicoche può essere “elaborato dal proprio marxismo15. Dall’analisi del saggio di Voloshinov è evidente che i temi trattati sono gli stessi di Gramsci, anche se spesso il filosofo italiano è costretto a usare un linguaggio cifrato per riuscire a ingannare la censura fascista.

Secondo Gramsci l’uomo nella comunità socialista deve interagire con gli altri, proponendo il confronto e ponendo se stesso in discussione. In questo modo, l’identità socialista è composta dall’insieme delle differenze di tutti gli individui nella società, che possono entrare in conflitto. Nella storia delle società è necessario che gli intellettuali siano consapevoli delle diversità. Per Gramsci il comunismo propone l’uguaglianza e l’accettazione delle differenze degli individui appartenenti allo stesso gruppo sociale, oppure alle diverse classi sociali, anche se è difficile realizzare un tale progetto. Le diversità degli uomini costituiscono la grande ricchezza della comunità, e creare l’uguaglianza non significa appiattire le differenze annullando gli individui. La funzione dell’intellettuale/educatore risulta essere molto complessa, può essere creativa o distruttiva. Esistono due verbi nel dizionario etico: creare e distruggere, ma l’unico verbo che l’intellettuale gramsciano deve usare è creare.

Parafrasando Gramsci possiamo dire che “in questo stesso ordine di osservazioni si inserisce un criterio più generale”: l’evoluzione dei comportamenti, le trasformazioni delle credenze e delle opinioni, non si verificano con “esplosioni rapide e generalizzate”, ma soprattutto attraverso “combinazioni successive” e secondo “formule disparatissime”16. In questo modo il processo di trasformazione di un vecchio modo di pensare in un altro è costituito da fasi di combinazione impreviste delle quali non è possibile prevedere l’esito, che oltre tutto non sarà mai definitivo. Pertanto per Gramsci non è importante la quantità e quale eredità del pensiero diffondere, ma è interessante osservare le trasformazioni dei modi di pensare e il nuovo panorama di idee che ne deriva. È importante sapere quello che l’uomo diventerà, l’esito delle sue azioni e la metamorfosi della realtà esterna che egli stesso ha creato. E per noi è essenziale comprendere quali sono i metodi di queste trasformazioni culturali e sociali.

 

3. Conflitto di ideologie nel processo della comunicazione del sapere

Nell’analisi gramsciana, l’intellettuale è anche l’educatore che non sempre riesce ad adempiere pienamente alla sua funzione pedagogica nella società. Nella nota del Quaderno 3,Gramsci è molto critico contro la categoria degli intellettuali laici, egli ritiene che la loro funzione di educatori sia disastrosa e dannosa. Sappiamo bene che la letteratura è un argomento ricorrente nell’opera carceraria e si rivela spesso uno strumento pedagogico sociale a svantaggio dei lettori, nelle mani di operatori della diseducazione collettiva: “i loriani laici”, “i nipotini di padre Bresciani”, che ne sono i rappresentanti esemplari.

Il linguaggio non è uno strumento astratto del sapere, ma un elemento contingente e concreto. Gramsci approfondisce l’analisi dei lemmi “lingua e linguaggio” nel Quaderno 3e11, quest’ultimo datato nel 193217. Sappiamo che è stato scritto nel periodo successivo all’elaborazione di Marxismo e filosofia del linguaggiodi Voloshinov.

La stampa è la parte più dinamica di questa struttura ideologica, ma non la sola: tutto ciò cheinfluisce o può influire sull’opinione pubblica direttamente o indirettamente le appartiene: lebiblioteche, le scuole, i circoli e clubs di vario genere, fino all’architettura, alla disposizione dellevie e ai nomi di queste. (Q 3, 49, 333).

Gramsci afferma che la società è “un complesso formidabile di trincee e fortificazioni della classe dominante”; egli contrappone alla “classe innovatrice” lo “spirito di scissione”, capace di dar forza alla classe antagonista attraverso un complesso di ideologie e mediante un lavoro ideologico programmato. Questo spiega perché egli parla della lotta tra le classi sociali, generata e caratterizzata dall’incontro-scontro di ideologie. Anche Voloshinov sostiene che la parola e la lingua sono il terreno vivo della lotta di classe, necessario per il rinnovamento della società futura, sulla base della rivoluzione ideologica. Per Gramsci, le ideologie sono la chiave di interpretazione della lotta di classe, perché generano “trincere e fortificazioni” nella società. Il “centro omogeneodi un modo di pensare e di operare” è il partito politico, che crea una nuova concezione del mondo, attraverso il consenso. Ma il consenso è il risultato di un lungo processo di costruzione della comunicazione tra gli individui. Tuttavia creare un “nuovo modo di pensare e di operare omogeneo” non è l’unico obiettivo e non deve essere uguale ai “metodi degli intellettuali professionisti”.

La elaborazione unitaria di una coscienza collettiva domanda condizioni e iniziative molteplici. La diffusione da un centro omogeneo di un modo di pensare e di operare omogeneo è la condizione principale, ma non deve essere e non può essere la sola.

(Q 1, 43, 33).

L’errore più diffuso è credere che ogni classe sociale crei la propria identità culturale identica a quella degli “intellettuali di professione”. L’intellettuale non è uno “specialista” che usa “macchine” perfette per la diffusione delle idee e del sapere come nell’industria meccanica di Taylor, ed è sbagliato credere che tutti gli individui possiedono capacità “acquisite” e “innate”. Pertanto è un’illusione pensare che le idee possano essere assorbite con le stesse modalità e gli stessi risultati, come in un processo di omologazione della conoscenza. Esiste una “diffusione organica da un centro omogeneo di un modo di pensare e di operare omogeneo”, ma le idee trasmesse attraverso il linguaggio saranno assorbite e modificate sulla base delle diverse condizioni della società e delle diverse coscienze identitarie degli individui. Perciò la funzione più importante dell’intellettuale è essere responsabile e cosciente della comunicazione verbale e scritta.

Gramsci descrive il processo di comunicazione del sapere attraverso il linguaggio con questa immagine: «lo stesso raggio luminoso passa per prismi diversi e dà rifrazioni di luce diverse: se si vuole la stessa rifrazione occorre tutta una serie di rettificazioni dei singoli prismi» (Q 1, 43, 33). Per questo la diffusione del sapere usa come mezzo di trasmissione la “lingua” e il “linguaggio”, generando una serie di trasformazioni successive che passano attraverso il centro di filtraggio della conoscenza e poi si irradiano nella società intera.

 

4. La lingua è una concezione del mondo nella società

Gramsci scrive che «ogni lingua è una concezione del mondo integrale, e non solo un vestito che faccia indifferentemente da forma a ogni contenuto» (Q 5, 123, 644-5). Pertanto egli pensa che «la lingua dovrebbe essere trattata come una concezione del mondo, come l’espressione di una concezione del mondo» (Q 5, 131, 664). Il nesso evidente tra Gramsci e Voloshinov, cui si è accennato, è individuabile nell’idea che la lingua appartiene alla comunicazione verbale della società. Tuttavia Gramsci afferma che «i linguisti precisamente studiano le lingue in quanto non sono arte, ma materiale dell’arte, in quanto prodotto sociale, in quanto espressione culturale di un dato popolo». (Q 6, 71, 738). La lingua non è un’entità indipendente e autonoma, al contrario viene costantemente rinnovata e trasformata dal contatto con altri Paesi, attraverso la scuola, i giornali, i mezzi di comunicazione e infine con i linguaggi verbali delle varie classi sociali.

Nei Quaderni del Carcere vi sono vari percorsi di studio; uno dei temi ricorrenti è la questione della lingua nazionale e dei dialetti. Gramsci afferma che la lingua nazionale è “storicamente ricca e complessa”, generata da trasformazioni realizzate nel tempo. Ma c’è di più, nell’ottica gramsciana emerge la teoria della responsabilità dell’uomo nella società. Perciò la questione centrale è capire in che modo l’uomo è responsabile del proprio destino e come lo stesso discorso si articola in Voloshinov attraverso i lemmi presenti nel saggio Marxismo e filosofia del linguaggio.

Incontriamo molte corrispondenze tra la teoria del linguaggio di Gramsci e quella di Voloshinov, tanto da poter confrontare la riflessione dei due e studiare l’origine della teoria marxista del linguaggio in entrambi. Il linguista russo ha avuto modo di conoscere e approfondire il pensiero di Marx meglio di Gramsci, perché ha potuto frequentare gli ambienti culturali in Russia, in cui si formò un vero e proprio fermento alimentato da un grande interesse per le teorie di Marx; e si può parlare perfino di furore intellettuale su Marx nello stesso periodo. Il gruppo di studio in cui Voloshinov partecipò con altri linguisti è conosciuto come il Circolo di Bachtin. Va detto che Bachtin studiò la linguistica, lasciando un’eredità molto importante a Voloshinov.

Voloshinov, erede degli studi sulla linguistica di Bachtin, scrive nel suo saggio: «si tratta principalmente di un libro sulle relazioni tra linguaggio e società, collocato sotto il segno della dialettica del segno, in quanto effetto delle strutture sociali»18; qui comprendiamo il nesso evidente tra le teorie del linguaggio dei due intellettuali. Gramsci sostiene che la funzione dell’intellettuale nella società avviene attraverso l’uso della parola e Voloshinov riflette sulla relazione tra linguaggio e società. Le analogie tra le due opere non possono essere spiegate con un ipotetico incontro tra i due, perché Gramsci non conobbe mai Voloshinov, ma partecipò alla vita culturale negli ambienti russi alla fine degli anni Venti. Il libro di Voloshinov fu pubblicato nello stesso periodo e probabilmente essi frequentarono gli stessi ambienti culturali nel periodo in cui il furore intellettuale e l’interesse appassionato per Marx erano molto forti.

L’opera di Bachtin/Voloshinov studia le relazioni nella società con gli strumenti della linguistica, per cui deduciamo che la lingua non è un’astrazione, ma appartiene alla realtà sociale, dalla quale non può essere separata, e la sua esistenza è costruita sulla base della comunicazione tra gli individui in contesti diversi. Ciò che differenzia Voloshinov e Gramsci dal linguista Saussure è il carattere di concretezza contro l’astrattismo attribuito alla lingua, appartenente alla filosofia idealistica19.

Marina Yaguello, curatrice dell’edizione brasiliana di Marxismo e Filosofia del Linguaggio20, spiega nell’Introduzione che Bachtin/Voloshinov definiscono la lingua un atto importante della vita sociale e dell’esistenza dell’uomo. La lingua non può essere studiatacomeun oggetto astratto ideale”, con le stesse modalità proposte da Saussure attraverso la teoria del “sistema sincronico omogeneo”. Rispetto al linguista svizzero, Bachtin/Voloshinovelaborano una nuova filosofia del linguaggio, analizzando le interrelazioni con le strutture sociali. La comunicazione espressa attraverso la lingua non è individuale, in quanto legata “alle strutture sociali”, e risponde “specificatamente alle leggi della linguistica”. Quindi, come sostiene Voloshinov, “la differenza delle leggi ideologiche – che si riferiscono ai processi cognitivi, la creazione artistica, ecc. – non possono dipendere dalla coscienza individuale”.

Nella seconda parte intitolata Per una filosofia marxista del linguaggio, Voloshinov analizza due orientamenti di studio della linguistica:il “soggettivismo idealistae l’oggetivismo astratto.

Se la lingua come sistema di forme è indipendente da qualsiasi impulso e attività creativa individuale, allora essa è prodotto di una creazione collettiva: essa è sociale e dunque, come ogni istituzione sociale, è normativa per ogni singolo individuo.

Tuttavia il sistema della lingua, unico e immutabile nell’ambito di qualsiasi momento determinato – cioè sincronicamente – muta, diviene, nel processo del divenire storico di un dato collettivo sociale. Infatti l’identità normativa di un fonema, quale noi l’abbiamo stabilita, è diversa per le diverse epoche di sviluppo di una data lingua. In breve, la lingua possiede una storia21.

La lingua si trasforma seguendo i cambiamenti della società, secondo il naturale processo di evoluzione storica, ed è materia viva nella storia delle trasformazioni del popolo. Studiarne i mutamenti riconduce all’analisi dettagliata di Voloshinov, applicata ai vari sistemi linguistici. Per il linguista russo i conflitti tra classi sociali possono verificarsi sulla base di linguaggi diversi in contrasto tra loro, e nel gruppo più potente ogni individuo dimostra il suo potere di persuasione contro l’altro. Ecco come “il terrorismo verbale della classe colta” si impone nella storia della società moderna e contemporanea.

Per Voloshinov la parola è l’elemento base da cui si forma il processo della comunicazione.Possiamo creare un colloquio pacifico? La natura e il carattere della comunicazione verbale provocano i conflitti sociali, la dominazione di un uomo contro l’altro, la gerarchia militare, nel senso ideologico dell’espressione. In altre parole, si tratta di modi diversi di impedire la libertà di pensiero e di espressione, imponendo la volontà con la violenza verbale. Nella storia la classe sociale più forte ha usato il potere di persuasione attraverso l’uso del linguaggio visivo dei gesti. Fenomeni di questo tipo sono tristemente famosi nella storia d’Europa: il nazismo, il fascismo e lo stalinismo, totalitarismi estranei al socialismo italiano. Osserviamo la storia della società europea letta attraverso le linee di ricerca indicate da Bachtin/Voloshinov. Anche Gramsci analizza le società in cui il capo carismatico impone la propria volontà attraverso il linguaggio dei gesti.

Che una folla di persone dominate dagli interessi immediati o in preda alla passione suscitata dalle impressioni del momento trasmesse acriticamente di bocca in bocca, si unifica nella decisione collettiva peggiore, che corrisponde ai più bassi istinti bestiali. L’osservazione è giusta e realistica in quanto si riferisce alle folle casuali, raccoltesi come «una moltitudine durante un acquazzone sotto una tettoia», composte di uomini che non sono legati da vincoli di responsabilità verso altri uomini o gruppi di uomini o verso una realtà economica concreta, il cui sfacelo si ripercuota nel disastro degli individui. Si può dire perciò che in tali folle l’individualismo non solo non è superato ma è esasperato per la certezza dell’impunità e dell’irresponsabilità. (Q 7, 12, 861).

La riflessione gramsciana presenta molte analogie con Voloshinov, che propone però un’analisi diversa degli medesimi concetti, espressi con i lemmi: “lingua”, “linguaggio”, “parola”, “parola altra”, “responsabilità”, “identità”, “uomo”, termini oggetto di analisi linguistica, per studiarne lo sviluppo nelle società.

La vita sociale è costituita da periodi storici in cui si susseguono varie comunità e linguaggi. In passato, la comunicazione tra le persone era contraddistinta da elementi diversi rispetto ad oggi. È possibile studiare le differenze tra i linguaggi per comprendere le difficoltà incontrate attualmente nelle società moderne22.

Il linguaggio è l’elemento base della comunicazione e della creazione del pensiero, appartiene all’esistenza umana. Il rapportotra gli uomini è costruito sull’uso corretto del linguaggio. Esiste un percorso di maturazione del meccanismo di integrazione dell’individuo con gli altri, del suo contributo alle attività sociali, religiose e culturali, senza dimenticare che le relazioni tra i cittadini non sono limitate solo al rispetto delle leggi. Nell’ottica gramsciana la filosofia è la guida progettuale, attraverso cui concretizzare idee e progetti, trasformandoli in prassi e azione; le cellule individuali sono gli uomini che si aggregano in molecole, rappresentabili in gruppi e comunità. Nella vita sociale, l’individuo incontra gli altri, armonizzandosi e componendo le masse, in modo tale che differenti mentalità e ideologie si confrontino. L’uomo, essendo il componente dell’“uomo-massa”, incontra diversi pensieri e filosofie di vita, rivitalizzando la comunità con la sua personalità e il suo contributo filosofico e culturale. Questo processo avviene attraverso l’uso inevitabile di un elemento fondamentale e imprescindibile: il linguaggio.

L’uomo è considerato un individuo inserito nella comunità attiva e produttiva; un individuo solitario è solo una cellula che non può vivere, perché non potrà mai trasformarsi in molecola, e per continuare con la metafora biologica, non potrà mai diventare un organismo, creando materia viva dopo faticose trasformazioni chimiche. Riflettendo metaforicamente, osserviamo il ciclo vitale che costituisce la storia biologica delle classi sociali; gli esseri viventi hanno la vita che continua nella generazione successiva come nelle scienze biologiche. L’evoluzione sociale è un processo di trasformazione che prevede la trasmissione dei caratteri ereditari, studiati dalla genetica moderna. Ma il linguaggio cambia con l’evoluzione sociale23.

In Marxismo e filosofia del linguaggio, Voloshinov crede nella costante evoluzione della lingua dovuta alle trasformazioni sociali, e sostiene che esiste una somiglianza di base tra le svariate trasformazioni linguistiche, responsabili del conflitto tra le classi sociali. Le relazioni tra i gruppi sociali rappresentano la vita della comunità, perché l’individuo non può essere coinvolto in un monologo, ma deve essere la parte attiva della conversazione dinamica con l’altro. Pertanto le classi sociali devono confrontarsi in una comunicazione dialettica, in cui tutta la società è complice attiva del processo.

Voloshinov analizza l’espressione “parola altra”, valutando la funzionalità delle relazioni tra gli individui attraverso l’uso della parola. Studia le trasformazioni della filosofia della letteratura in filosofia morale grazie all’apporto attivo e vivo della filosofia del linguaggio, e infine chiarisce il funzionamento delle relazioni tra gli individui. È chiaro che Voloshinov e Gramsci elaborano la teoria morale della responsabilità per l’altro, ricordandoci il pensiero del filosofo francese Emmanuel Lévinas. Propongo una domanda provocatoria: è lecito mettere in discussione la totalità dell’identità dell’individuo, e tentare di capire perché esistono i conflitti nelle relazioni umane, seguendo l’etica di Lévinas?

 

N.B. Il titolo del saggio pubblicato in portoghese è: S. Dugo, W. A. Camargo, O homem e a sua relação no diálogo com a comunidade na análise de Gramsci e Voloshinov, in “Travessia” (Unioeste), v. 6, n. 2, 2012, pp. 303-320. http://e-revista.unioeste.br/index.php/travessias/article/view/6594
 

BIBLIOGRAFIA

M. Bachtin e V. N. Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, a cura di A. Ponzio, Piero Manni editore, Lecce, 1999.

M. Bakhtin e V. N. Voloshinov, Marxismo e filosofia da linguagem, trad. portoghese di Michel Lahud e di Yara Frateschi Vieira, Hucitec, São Paulo, 2006.

M. Bakhtin, Linguagem, cultura e mídia,a cura di A. P. Goulart Ribeiro e I. Sacramento, Pedro e João Editores, São Carlos – SP, 2010.

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2 Pós-Doutor in Linguistica applicata e Studio del Linguaggio nel LAEL/PUC-SP. Dottore in Sociologia nell’Università Unesp de Araraquara (SP). Professore Associato del Programma di Dottorato e Master Stricto sensu in Lettere, area di concentrazione: Linguaggio e Società. Università Statale Oeste do Paraná, UNIOESTE, (Campus de Cascavel - PR).

3 Dedico questo lavoro al Professor Wander Amaral Camargo, prematuramente scomparso, lasciando un vuoto incolmabile, a lui che mi ha insegnato che la vita è solo un passaggio e che quello che pensiamo deve rimanere scritto per sempre. Tra i suoi lavori segnalo il saggio sulla storia del movimento sindacale brasiliano: W. A. Camargo, Constituição histórica do movimento sindical brasileiro, in “Redd. Espaço de diálogo e desconexáo”, v. 3, n. 1, 2010. http://seer.fclar.unesp.br/redd/article/view/4392

4 L’unico libro firmato da Voloshinov fu pubblicato a Leningrado, e risale agli anni 1929-1930. Il titolo è Marxismo e Filosofia del Linguaggio (Marksizm i filossófia iaziká). Sembra ormai certo che l’autore è Voloshinov, anche se è evidente l’influenza di Michail Bachtin. Perciò citiamo i due filosofi insieme.

5 A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, 4 voll., Einaudi, Torino, 1975.

6 M. Bachtin e V. N. Voloshinov, Marxismo e filosofia da linguagem, trad. di Michel Lahud e di Yara Frateschi Vieira, São Paulo, Hucitec, 2006.

7 I termini “lingua” e “linguaggio” appartengono alla raccolta commentata dei lemmi nel Dizionario gramsciano 1926-1937, a cura di Guido Liguori e Pasquale Voza, Roma, Carocci, 2009. Si tratta di alcuni dei temi oggetto di studio della IGS (International Gramsci Society-Italia).

8 Lettera a Delio”, lettera n. 468, senza data, in A. Gramsci, Lettere dal carcere, a cura di A. A. Santucci, 2 voll., Sellerio, Palermo, 1996. Cfr. G. Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente. Carocci, Roma, 2007, pp. 188-189.

9 Lettera a Tania del 19 marzo 1927, p. 56. A. Gramsci, Lettere dal carcere, cit.

10 Q 29, 1, 2341. Le abbreviature inserite nel testo sono riferite alle opere di Gramsci, corrispondono esattamente al numero del Quaderno. Q = Quaderni del Carcere, a cui segue il numero della Nota e della pagina.

11 Su questo aspetto è di notevole interesse il bel libro di Giorgio Baratta, di cui segnalo il capitolo Antonio Gramsci nella società dell’apprendimento. Cfr. G. Baratta, Le rose e i quaderni. Il pensiero dialogico di Antonio Gramsci, Carocci, Roma, 2003, pp. 163-175.

12 Q 28, 11, 2331.

13 Per approfondimenti sul tema segnalo Cultura nel saggio di Giorgio Baratta. Cfr. G. Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente. Carocci, Roma, 2007, pp. 73-94.

14 M. Bachtin e V. N. Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, a cura di A. Ponzio, Piero Manni editore, Lecce, 1999, p. 128. Per il corrispondente brano in lingua portoghese vedi: M. Bakhtin e V. N. Voloshinov, Marxismo e filosofia da linguagem, trad. portoghese di Michel Lahud e di Yara Frateschi Vieira, Hucitec, São Paulo, 2006, p. 38.

15 Ibidem.

16 Q 1, 43, p. 34. Cfr.: Q 24, 3, 2269.

17 Sull’argomento è da segnalare Marxismo e filosofia del linguaggio e La “psicologia dei popoli nel saggio di Giancarlo Schirru. Cfr. G. Schirru, Gramsci tra filologia e storiografia, a cura di G. Cospito, Bibliopolis, Napoli, 2010, pp. 98-108.

18 M. Bachtin e V. N. Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, a cura di A. Ponzio, Piero Manni editore, Lecce, 1999.

19 Per approfondimenti sull’approccio di Gramsci alla linguistica segnalo: D. Boothman, Traducibilità e processi traduttivi. Un caso: Antonio Gramsci linguista, Guerra edizioni, Perugia, 2004.

20 M. Yaguello, Introdução. O homem e seu duplo, in M. Bachtin e V. N. Voloshinov, Marxismo e filosofia da linguagem, cit., p. 14.

21 M. Bachtin e V. N. Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, a c. di A. Ponzio, cit. Cfr. M. Bakhtin e V. N. Voloshinov, Marxismo e filosofia da linguagem, cit., p. 71.

22 Sul linguaggio e sul sistema di relazioni, manipolato dal potere dei segni ideologici e delle immagini nella società contemporanea va segnalata la raccolta di saggi, scritti dagli studenti del Master in Linguistica, guidati dal Prof. Valdemir Miotello, presso l’Università Federale di San Carlos. Cfr. A.A. V.V., Janelas Bakhtinianas. Refrações, reflexões e rascunhos, Pedro & João Editores, São Carlos - SP, 2008.

23 Per l’evoluzione del linguaggio delle immagini nella nostra società, analizzato secondo la prospettiva di Bachtin, è interessante Mulher e poder: do espelho masculino ao resgate da feminilidade (La donna e il potere: dal riflesso dell’immagine maschile al riscatto della femminilità) di Nádia Salmeron Lopes, in A.A.V.V., Janelas Bakhtinianas. Refrações, reflexões e rascunhos, cit., pp. 215-230.