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R. Shusterman, R. Dreon, D. Goldoni, Stili di vita.




R. Shusterman, R. Dreon, D. Goldoni


Stili di vita.
Qualche istruzione per l'uso



Mimesis Edizioni, Milano 2012,
ISBN 978-88-5751-313-3

 








Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una ripresa degli studi sullo
stile tanto che è forse possibile descrivere l'emersione di un vero e proprio paradigma culturale, che si potrebbe aggettivare come “stilistico-acrobatico”. Esso trova, a mio avviso, due sintesi diverse ma sotterraneamente legate da un lato nel libro di Richard Shusterman, Pragmatistic Aestetics. Living Beauty, Rethinking Art (2000)1, dall'altro in quello di Peter Sloterdijk, Du mußt dein Leben ändern. Über Anthropotechnik(2009)2. Il presente libro, curato da Daniele Goldoni, si inserisce in questo ambito di riflessione e di proposta critica, ma operando per così dire uno scarto, di cui dirò fra breve.

Il testo riunisce tre saggi relativi agli “stili di vita” sullo sfondo, continuamente evocato in modo esplicito ed implicito, dell'economia dei consumi intesa, innanzitutto, come economia dei corpi, come economia dei loro bisogni, desideri, godimenti. Gli stili di vita sono innanzitutto, almeno nei primi due saggi – quello di Shusterman e quello di Dreon –, stili corporei e incorporati. Si va dalla “fragranza” dei corpi alla loro andatura, dagli “abiti” culinari a quelli dell'abbigliamento, in una dimensione che attraversa e si confonde con quella del look, del cool, del trendy. Shusterman ne appare perfettamente consapevole. «La stilizzazione somatica di sé – egli scrive – genera un enorme mercato commerciale che nutre le industrie della cosmetica, della moda, della dietologia, dell'esercizio e della chirurgia plastica, di fianco all'industria pubblicitaria che le sostiene stimolando il nostro desiderio di stilizzare noi stessi da un punto di vista somatico» (p. 25). Eppure egli fa intendere che lo “stile”, inteso come stile “individuale”, sia comunque una possibile conquista, attraverso il lavoro su di sé, attraverso l'esercizio ascetico. Egli sembra sostenere che il distacco dalla massa dei consumatori sia pur sempre possibile, ma attraverso un consapevole lavoro acrobatico (direbbe Sloterdijk) che frapponga distanze ascetiche nei confronti della “massa” coinvolta nelle inconsapevoli pratiche della moda. Mi sembra che, in questa sua apertura al lavoro su di sé, Shusterman incontri un'aporia: nella sua nota polemica contro la separazione tra cultura “elevata” e cultura “pop” egli tende spesso a “ridurre” il tasso di “elevatezza”– per così dire – per esaltare il tasso di “ampiezza” nelle espressioni artistiche e nelle pratiche culturali, tende cioè a preferire l'orizzontalità alla verticalità; eppure, come la sua stessa proposta di una soma-estetica richiede, non può fare a meno di riabilitare la verticalità dell'askesis per poter pensare alla possibilità dello “stile”. Su questo punto la proposta critica di Sloterdijk appare più conseguente e, crudelmente, nicciana. Tuttavia anche Sloterdijk mi sembra che finisca per inciampare nella trappola dello stile, inteso come processo di “individualizzazione” (e lontano dalla tragicità della singolarità): come aveva ben visto Simmel3, chi è alla moda per distanziarsi dalla massa, è costretto pur sempre ad imitare qualcuno. Credendo di “individualizzarsi” attraverso lo “stile” è costretto a conformarsi all'altro, a chi porta quel profumo, quegli abiti, quel taglio di capelli, a chi la pensa in un certo modo ecc.

Della trappola dello stile (soprattutto di quello somatico) mi sembra ben consapevole anche Roberta Dreon che, dopo aver ripercorso, attraverso Dewey e Mauss, gli antecedenti teorici della somaestetica di Shusterman, scrive: «spesso le preferenze o le insofferenze per lo stile di qualcuno operano al di sotto della soglia cosciente dei nostri giudizi espliciti, delle nostre scelte di vita, della nostra adesione a cause etiche o al carisma dei politici. È piuttosto evidente che molta industria – non solo culturale – e molta politica fanno largo ricorso a questo tipo di reazioni» (p. 57).

Certo, si potrebbe dire che non esista, per tali ragioni, uno “stile assoluto” e di sicuro né Shusterman né Dreon lo pensano. Ma non è questo il problema teorico che vorrei porre in evidenza. Il vero problema critico (e politico) consiste, a mio avviso, nel continuare a concepire o meno lo stile come un processo di distanziamento dagli altri. Finché lo si intende in tal modo, la stilistica resta invischiata nella trappola aporetica della moda. Per uscire da questa trappola ci sarebbe bisogno di uno scarto, teorico e politico ad un tempo. Ed è quello che mi sembra che proponga l'ultimo dei saggi del volume, quello che l'autore, Daniele Goldoni, intitola semplicemente Improvvisare.

Il tema esplicito del saggio è una serrata critica all'astratta contrapposizione tra “musica scritta” e “musica improvvisata”. Goldoni ha buon gioco nel ricordare, da un lato, quanto studio e quanta conoscenza musicale ci siano dietro le pratiche dell'improvvisazione; dall'altro, citando Schönberg, ricorda che in fondo la “scrittura musicale” non è che un'improvvisazione rallentata (cit. a p. 78). Del resto Mozart, Beethoven e Chopin erano ottimi improvvisatori.

Tuttavia, al di sotto di questa discussione critica, Goldoni opera, come dicevo, uno scarto all'interno della stessa teorizzazione degli stili di vita. Uno scarto che gli consente, a mio avviso, di portare il discorso fuori dalle aporie dello stile-moda. Se quest'ultimo in fin dei conti è sempre pensato come una strategia per sfuggire all'altro, quello che qui si propone, per quanto nel segno dell'ipotesi da approfondire, è un altro discorso sullo stile, inteso questa volta come invenzione (politica) dell'amicizia. Attraverso lo stile, attraverso l'invenzione stilistica, suggerisce Goldoni, non si sfugge all'altro, ma si inventano nuovi modi di stare con gli altri.

«Tutti hanno 'diritto' a cantare e suonare, come a parlare. Nel cuore profondo dell'improvvisazione c'è la possibilità di una politica dell'amicizia. L'amicizia più pura, quella che si conosce da bambini. È già praticata da molti e praticabile: facciamolo! Facciamo anche una filosofia che sia simile a questa amicizia (questo libro, con le sue voci diverse, non avrebbe potuto scriverlo nessuno da solo)» (p. 91).

Indice
D. Goldoni, Introduzione. Inciampi stilistici e occasioni vitali
R. Shusterman, Stile somatico
R. Dreon, Abiti, tecniche corporee e stili di vita
D. Goldoni, Improvvisare


Note al testo

1 R. Shusterman, Estetica pragmatista, trad. it. di T. Di Folco, a cura di G. Matteucci, Aesthetica Edizioni, Palermo 2010.

2 P. Sloterdijk, Devi cambiare la tua vita. Sull'antropotecnica, trad. it. di R. Franchini, a cura di P. Perticari, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010.

3 Vedi. G. Simmel, La moda, trad. it. a cura di L. Perucchi, SE, Milano 1996.