Dal maggio 2022 su questa rivista non sono più accessibili molte immagini d'arte coperte dal copyright dei proprietari, ovvero generalmente musei e collezioni. Nella gran parte dei casi, l'immagine risulta vuota ma è leggibile la sua didascalia, per cui resta possibile la sua visualizzazione nei legittimi contesti.

Redazione e contatti

Cerca nel sito

L'alienazione, a cura di Marcello Musto

 

 

 

L’ALIENAZIONE

 

A cura di Marcello Musto

Donzelli, Marzo 2010, pp.125, ISBN 978-88-6036-433-3, € 7,00

 

 

 

 

L'interesse nei confronti di quest'opera, che racchiude i principali scritti di Karl Marx sul tema dell’alienazione, diviene ancora più rilevante se si considera la possibilità di riadattare alcuni concetti chiave dell’opera marxiana ai nostri giorni.

Come Jacques Derrida scrisse: «Sarà sempre un errore non leggere e rileggere e discutere Marx. E insieme a lui, tanti altri- anche al di là della “lettura” o della “discussione” di scuola. Sarà sempre un errore, un venir meno alla responsabilità teorica, filosofica, politica. Da quando la macchina per far dogmi e gli apparecchi ideologici “marxisti” (Stato, partito, cellule, sindacati e altri luoghi di produzione dottrinale) sono in via di estinzione, non abbiamo più scuse, solo alibi, per distoglierci da questa responsabilità. Non ci sarà altrimenti avvenire. Non senza Marx, nessun avvenire senza Marx. Senza la memoria e l’eredità di Marx: e comunque di un certo Marx, del suo genio, di uno almeno dei suoi spiriti.»(Jacques Derrida, Spettri di Marx, Raffaello Cortina Editore, Milano 1994, p.22).

Come tutte le teorie più dibattute anche quella dell’Alienazione, è una delle più discusse e al contempo oggetto di molteplici e diverse interpretazioni, nel XX secolo. La storia dell’affermazione della teoria non ha seguito infatti un percorso lineare ma ha subito evoluzioni e trasformazioni continue: L’alienazione è stata considerata, ad esempio, inizialmente dal punto di vista meramente filosofico; posta in seguito sullo stesso piano dell’oggettivazione; poi approdò alla psicoanalisi, all’analisi soggettiva, accostata alla reificazione per esplodere infine come vera e propria moda.

Alla luce di ciò, la lettura di questo testo è molto utile per chi voglia fare chiarezza sulla questione e indispensabile per chi, interessato al tema, voglia direttamente venire a contatto con gli scritti di Karl Marx a proposito dell’alienazione e vedere con i suoi occhi come la teoria si sia arricchita e modificata nel corso del tempo.

Il primo a dare un’esposizione filosofica e sistematica dell’alienazione fu Hegel nella Fenomenologia dello spirito cheutilizzò il termine alienazione per indicare l’estraniarsi della coscienza a se stessa per il quale essa si considera come una cosa; e l’estraniarsi è una fase del processo che va dalla coscienza all’autocoscienza.

Questo termine inizialmente usato in un senso puramente speculativo, viene invece ripreso da Marx nei suoi scritti giovanili, per descrivere la situazione dell’operaio nel regime capitalistico.

«Con Marx, la teoria dell’alienazione uscì dalle carte dei filosofi e dalle aule universitarie per irrompere, attraverso le lotte operaie, nelle piazze e divenire critica sociale» (Marcello Musto, p.12).

La problematica infatti non viene più affrontata dal punto di vista esclusivamente filosofico ma rapportata all’economia politica e alla produzione. Marx ha indagato le cause dell’alienazione e quindi i fenomeni sociali che la generavano, facendo un’analisi dell’attività produttiva: Nella società borghese l’operaio si trova infatti alienato dal prodotto del suo lavoro, nell’attività lavorativa, dal genere umano e dagli altri uomini. Ma la situazione coincide con la specifica realtà economica del lavoro salariato e dalla conseguente contrapposizione degli oggetti del lavoro ai loro produttori.

« …l’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, bensì mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito. L’operaio quindi si sente con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro» (p.20).

Marx ricava il concetto di lavoro espropriato dall’economia politica come risultato del movimento della proprietà privata, che non ne è la causa, proprio come gli dei sono l’effetto e non l’origine dello smarrimento dell’intelletto umano. Ma dalla prospettiva marxista, nell’emancipazione operaia è implicita la generale emancipazione umana perché tutti i rapporti di servitù sono modificazioni e conseguenze di questo rapporto. Il processo di disumanizzazione che coinvolge l’uomo, che ha perduto se stesso, si palesa nella società che è una caricatura della vera vita generica e la separazione tra gli uomini appare quindi come l’unica esistenza possibile. È l’economia politica che detta la legge dell’estraniazione nei rapporti sociali come unica possibile via per l’umanità, concependo il commercio come realizzazione dell’essenza comune umana.

Per Marx il lavoro dovrebbe invece essere la libera manifestazione e il pieno godimento della vita, come affermazione di ogni peculiarità individuale; ma nella società capitalistica l’individualità viene talmente alienata che il lavoro diviene un tormento, una costrizione imposta da un accidentale bisogno esteriore e non da un necessario bisogno interiore. Il mantenimento dell’esistenza individuale quindi, appare al lavoratore come unico scopo della sua attività e il suo agire reale invece viene considerato come mezzo per vivere, perché il lavoro non è vita. L’essere umano dunque non è più signore del suo prodotto, ma ne è schiavo.

La forza lavoro è una merce che il lavoratore è costretto a vendere per poter sopravvivere e il prodotto della sua attività non è lo scopo della sua attività. Il salario allora non è che «un nome speciale dato al prezzo di questa merce speciale, che è contenuta soltanto nella carne e nel sangue dell’uomo […]» (p.34).

La Vita vera dunque, «a tavola, nel banco dell’osteria, a letto», inizia per l’operaio soltanto dal momento in cui cessano le dodici ore lavorative, che in se stesse non hanno nessun significato, ma gli permettono il “mero guadagno” per continuare a sopravvivere.

Nei testi successivi ai Manoscritti economico-filosofici del 1844, come Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica(1857-58); e parti de Il capitale, scritti nel ventennio 1863-1881, la problematica dell’alienazione viene approfondita attraverso un collegamento più specifico tra l’analisi economica e quella politica. La teoria si arricchisce e l’analisi diviene più rigorosa. Vengono inoltre elaborate nuove ed altre misure necessarie ad un superamento propositivo della condizione sociale: non basta più l’abolizione della proprietà privata e della divisione del lavoro, il percorso per una società libera diviene molto più complesso.

Marx parla di una «personificazione delle cose e reificazione delle persone». Le relazioni appaiono non come «rapporti immediatamente sociali tra persone» ma come «rapporti sociali tra cose».

Nel Capitalismo gli esseri umani sono soggiogati al capitale e alle sue condizioni, e il risultato concreto è la ricchezza accumulata nelle mani di pochi e lo sfruttamento della massa dei lavoratori.

Nel modo di produzione capitalistico l’operaio è una “bestia da lavoro”, la sua vita e la sua salute sono sperperate per accelerare l’autovalorizzazione del capitale e la produzione del plusvalore. Questa economia si riflette in un sovraffollamento degli operai in locali ristretti e malsani senza misure di precauzione e una totale assenza di tentativi per rendere più umano il processo produttivo che dal punto di vista capitalistico sarebbe uno spreco insensato e senza scopo. Nella misura in cui il capitale si accumula, la situazione dell’operaio peggiora; l’ accumulazione della miseria è proporzionale all’accumulazione del capitale e la brutalizzazione e la degradazione morale si alimentano proprio nella classe che produce il proprio prodotto come capitale. Questa legge incatena l’operaio al capitale in un circolo vizioso e paradossale. “Il mondo stregato, deformato e capovolto in cui si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e Madame la Terre” si fonda sulla trinità economica di “capitale-interesse, terra-rendita fondiaria, lavoro-salario”, formula che corrisponde esattamente all’interesse delle classi dominanti e di cui “l’economia volgare” proclama la necessità naturale.

Marx però, nella sua indagine sociale, non si è fermato ad una critica negativa, che non lascia via d'uscita. Al contrario, egli di pari passo all'analisi delle problematiche sociali, elabora una possibile via risolutiva che passa attraverso la trasformazione della sfera della produzione. Al sistema capitalistico, si dovrà sostituire «un’associazione di uomini liberi che lavorino con mezzi di produzione comuni e spendano coscientemente le loro molte forze-lavoro individuali come una sola forza- lavoro sociale» (p.112).

Il mutamento del processo lavorativo, avrà comunque dei limiti. Ecco a tal proposito un frammento bellissimo tratto dal libro III de il capitale:

«Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria. Come il selvaggio deve lottare con la natura per soddisfare i suoi bisogni, per conservare e per riprodurre la sua vita, così deve fare anche l’uomo civile, e lo deve fare in tutte le forme della società e sotto tutti i possibili modi di produzione. A mano a mano che egli si sviluppa, il regno delle necessità naturali si espande perché si espandono i suoi bisogni, ma al tempo stesso si espandono le forze produttive che soddisfano questi bisogni. La libertà in questo campo può consistere soltanto in ciò, che l’uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca; che essi eseguono il loro compito con il minore possibile impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa. Ma questo rimane sempre un regno della necessità. Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane, che è fine a se stesso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa» (p.125).

«Questa produzione dal carattere sociale, insieme con i progressi tecnologici e scientifici e la conseguente riduzione della giornata lavorativa, crea la possibilità per la nascita di una nuova formazione sociale, in cui il lavoro coercitivo e alienato, imposto dal capitale e sussunto alle sue leggi, viene a mano a mano sostituito da un’attività creativa e consapevole, non imposta dalla necessità; e nella quale compiute relazioni sociali prendono il posto dello scambio indifferente e accidentale in funzione delle merci e del denaro. Non è più il regno della libertà del capitale, ma quello dell’autentica libertà umana dell’individuo sociale» (Marcello Musto, p.14).

Oggi siamo talmente “addormentati”(o alienati???) da non riuscire ad ammettere quanto l'analisi marxiana, abbia molto da dare e da dire alle problematiche della nostra società contemporanea. Prima di giudicare utopistico un pensiero, dovremmo rileggerlo e riadattarlo alla luce degli attuali cambiamenti sociali, per comprendere quanto esso possa essere ricco e prolifico di utili contributi e spunti.

«Non c'è bisogno di essere marxista o comunista per cogliere questa evidenza. Noi tutti abitiamo un mondo, certuni direbbero una cultura, che conserva, in maniera più o meno direttamente visibile e a una profondità incalcolabile, il marchio di questa eredità» ( Jacques Derrida, Spettri di Marx, Raffaello Cortina Editore, Milano 1994, p.22).

 

INDICE

Introduzione di Marcello Musto

Manoscritti economico-filosofici(1844)

Estratti dal libro di James Mill Elementi di economia politica(1844)

Lavoro salariato e capitale(1849)

Discorso per l’anniversario di «The People’s Paper»(1856)

Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica(1857-58)

Il capitale,libro I, capitolo VI inedito(1863-64)

Il capitale, libro I (1867)

Il capitale, libro III(1864-65,1867-68,1871-81)