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Premessa
Quando Hannah Arendt comincia a scrivere le Gifford Lectures che doveva tenere all’Università di Aberdeen in Scozia, nella primavera del 1973 e in quella successiva, ha già in mente un’opera che doveva esaminare le nostre attività spirituali («pensare», «volere» e «giudicare») e lo fa a partire dalla meraviglia, oggetto e origine della filosofia. L’uso del termine meraviglia attraversa come un Leitfaden molti scritti arendtiani, perché il punto di partenza del pensare non è il dubbio o il sospetto, ma lo stupore generato dal trovarsi di fronte al mondo, di fronte alle persone con cui ci relazioniamo, di fronte alla nostra stessa esistenza. Il mondo, gli altri, la nostra esistenza sono sempre una fonte di curiosità e non cessano di stupirci.
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