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 locandina

Penso dove non sono. Il filosofo e il suo schermo
Università di Roma Tor Vergata, 2 ottobre 2013
Sala Riunioni – I Piano, Edificio B

Per arrivare a Tor Vergata http://www.lettere.uniroma2.it/pagina-base/dove-siamo
Per arrivare in automobile seguire le indicazioni sempre sul sito uniroma2.
Con i mezzi pubblici, dalla Stazione Termini, prendere metropolitana Linea "A" direzione Anagnina e scendere al capolinea Anagnina (durata 20 minuti). Qui uscire e prende il Bus n. 20 Express e scendere alla fermata di Via Cambridge - Facoltà di Lettere (durata 10 minuti circa).

 

Programma completo di abstract

Sessione mattutina: 9.30 – 12.45

Presiede Giuseppe Patella

Vincenzo Cuomo
,
Le (di)stanze del filosofo: la memoria, la voce, lo schermo

Riccardo Panattoni, Circonfessione di un volto

Daniela Angelucci, "Mi vedo dove non sono". Il cinema e lo specchio

Daniele Dottorini, La vita sullo schermo. Sul cinema di Astra Taylor

(pausa pranzo)

Sessione pomeridiana: ore 15 – 18

Presiede Aldo Meccariello

Igor Pelgreffi, Testualità ibrida del docu-film. Derrida, i pesci, il deserto

Antonio Lucci, Medien bestimmen unsere Lage. Note su filosofia e schermi a partire da Friedrich A. Kittler

Paolo Vignola, “Il cervello è lo schermo-touch”. Trasformazioni tecno-logiche da Deleuze a Stiegler


 

 Estratti delle relazioni


Vincenzo Cuomo

Le (di)stanze del filosofo: la memoria, la voce, lo schermo

 Le “stanze” del filosofo sono i luoghi in cui il pensiero affronta il suo eteros.Sono apparentemente luoghi di rifugio; in verità sono i luoghi in cui il pensiero ingaggia la sua battaglia con un fuori che non lo lascia mai tranquillo. La “memoria” deve così fare i conti con l'esteriorità della scrittura (Platone). La “voce della coscienza” deve ingaggiare una lotta con la follia (Cartesio) o con la traccia indicale (Husserl). Le stanze sono “schermi” di protezione ma anche luoghi di incontro-scontro con l'eteros più radicale. I media della comunicazione possono ancora fungere da stanze del pensiero? La risposta dovrà essere necessariamente complessa: a) dovrà riguardare la modalità radicalmente differente che l'autos assume nei media: un certo sguardo; una certa vocalità, una certa gestualità saranno di inciampo, di sviamento o di seduzione per il pensiero?; b) dovrà affrontare la relazione tra il pensiero e il tempo, la relazione del pensiero con il ritmo della domanda e della risposta, forse dovrà parlare dell'amore del pensiero per l'asincronicità, per il montaggio, per la di-stanza.

 



Riccardo Panattoni

Circonfessione di un volto

 Che cosa accade quando un volto appare su di uno schermo, si di un supporto e parla di sé, della propria vita, come dei propri pensieri? Il suo statuto di verità rimane inalterato rispetto al contenuto di ciò che esprime? Quale ruolo gioca l’immagine nei confronti del discorso e della sua articolazione? Che cosa rimane del valore di esposizione di un volto? I criteri della sua identificazione dove risiedono? Di chi è e chi è quel volto? Attraverso l’indecidibile eccesso di esposizione del soggetto sullo schermo si cercherà di evidenziare la differenza tra l’incapacità di riflettere la propria immagine, tipica del narcisismo, e l’esigenza di verità che connota invece il carattere attoriale dell’isteria.



Daniela Angelucci

"Mi vedo dove non sono". Il cinema e lo specchio

Nell’incontro con la propria immagine allo specchio, che avviene nei primi mesi di vita del bambino, Lacan individuava il momento della identificazione primaria, del riconoscimento di sé. Ma questo incontro con il proprio doppio nella superficie speculare si configura sempre anche come instaurazione di un autoritratto idealizzato che fonde, come scriveva Freud anni prima nell’Introduzione al narcisismo, l’amore per ciò che si è e l’amore per ciò che si vorrebbe essere. Avviene in questo modo la fissazione di un’immagine ideale che il soggetto inseguirà per tutta la vita senza poterla raggiungere, e che è il prodotto e la causa di una sempre rinnovata lacerazione. D’altra parte, prima di questo sdoppiamento, l’Io non esiste, esiste solo al prezzo di questa scissione. Se il nostro doppio immaginario e ideale è ciò che letteralmente ci costituisce, cosa avviene nei successivi incontri con altre immagini? Qual è il carattere e il ruolo dell’immagine cinematografica all’interno di questo schema?

 



Daniele Dottorini

La vita sullo schermo. Sul cinema di Astra Taylor

L’intervento si svilupperà a partire dalla pratica del cinema documentario e del suo rapporto particolare con i corpi, gli sguardi e i pensieri di chi è chiamato a confrontarsi con la propria immagine. Il cinema di Astra Taylor, documentarista canadese-americana, si è spesso confrontato con corpi e voci della filosofia contemporanea. In particolare in due film – Zizek! ed Examined Life – lo sguardo della regista si concentra sulla pratica del “mettere in scena” il corpo del pensiero, attraverso lo spostamento continuo dei filosofi intervistati in luoghi e spazi diversi, immergendo i suoi personaggi in situazioni quotidiane, sperimentando nuove forme e nuove pratiche dell’intervista. Il gioco filmico di Taylor corrisponde ad un movimento proprio del cinema, che è quello di trasformare il corpo in personaggio, secondo una dinamica che è però quella feconda del documentario, che mantiene l’ambiguità tra corpo reale e personaggio, evento e narrazione. Il cinema si configura così come operazione di messa in inquadratura, che non ha come scopo quello di “incorniciare” l’autore che esprime il suo pensiero, ma di stimolarne la parola all’interno di altre situazioni, alla ricerca di un pensiero propriamente cinematografico. Il documentario si presenta così come costruzione, operazione, creazione di un’immagine; ma tale immagine reagisce, diventa a sua volta agente, messa in gioco del corpo e del pensiero. 

 



Igor Pelgreffi

Testualità ibrida del docu-film. Derrida, i pesci, il deserto

Nella prima parte del mio intervento, procederò a un’analisi della struttura formale del docu-film dedicato a un filosofo, ponendo l’accento su due aspetti di questo genere di artefatto. Il docu-film su un filosofo può implicare a) un ampliamento della categoria di comunicazione filosofica dovuta all’incorporazione nel messaggio di elementi eterogenei alla tradizionale scrittura filosofica (montaggio, musiche, pause, inquadratura, regia), e sui quali il soggetto-filosofo non ha un totale controllo; b) uno slittamento nella categoria di rappresentazione, cioè di messa in scena, di una filosofia, che si ottiene utilizzando – fra gli elementi formali – il filosofo stesso.

Nella seconda parte suggerirò qualche applicazione di quanto esaminato nella prima parte, mediante il commento di alcune sequenze di docu-film su Derrida, concentrando la lente sulla rappresentazione della relazione soggetto/animale e della relazione spaziale (in particolare l’attraversamento degli spazi da parte del corpo), e, inoltre, sul ruolo ascrivibile al commento musicale.

 



Antonio Lucci

Medien bestimmen unsere Lage. Note su filosofia e schermi a partire da Friedrich A. Kittler

Il filosofo, teorico della letteratura e dei media Friedrich A. Kittler (1943-2011) ha lasciato un corpus di scritti – per lo più sconosciuto al pubblico italiano – sul tema della retroazione dei sistemi tecnici e mediatici sulla costituzione della soggettività e dell’immaginario dei singoli soggetti e dei collettivi.

A partire dalle sue analisi sul tema del doppio cercheremo di analizzare la pointe del rapporto tra filosofo e schermo cercando di esplicitare quali rapporti intrattengono i filosofi con gli schermi, di quali schermi è in questione in questi rapporti, quali effetti retroattivi ha la relazione tra filosofia e schermo.

A partire dalla frase-slogan kittleriana «Medien bestimmen unsere Lage» [I media stabiliscono la nostra posizione] il nostro intervento si interrogherà su qual è la posizione stabilita per i filosofi dai media ottici, e in particolare dagli schermi, e se questi ultimi hanno alterato radicalmente, rispetto ai media classici tramite cui la filosofia si è sempre trasmessa, la posizione del filosofo nella contemporaneità.

 

 



Paolo Vignola

Il cervello è lo schermo-touch”. Trasformazioni tecno-logiche da Deleuze a Stiegler

Punto di partenza dell'intervento è l'interesse critico nei confronti delle tecnologie d'informazione e telecomunicazione, manifestato da Deleuze nei suoi ultimi lavori e, in particolare, in quelli relativi al cinema e al ruolo della filosofia. Tra questi, il breve saggio “Il cervello è lo schermo” risulta particolarmente interessante al fine di sviluppare un discorso in grado di comprendere, mantenendoli in equilibrio, tanto gli elementi più teoretici del pensiero deleuziano (dall'empirismo trascendentale alla teoria del tempo, dal desiderio alla neurobiologia) quanto quelli in-formati dalla tensione politica e dalla critica all'ingerenza del marketing e della telecomunicazione commerciale.

Di fronte allo sviluppo tecnologico delle società iper-industriali, e mediante la critica di questi fenomeni condotta da Bernard Stiegler sulla scia del deleuziano Poscritto sulle società di controllo, l'obiettivo del contributo vuole allora essere una sorta di "aggiornamento" dell'articolo di Deleuze "Il cervello è lo schermo". Aggiornamento che intende muoversi in parallelo agli updates più rappresentativi della società odierna, ormai in conclamata via di digitalizzazione – da qui l'introduzione del “touch”, come dispositivo sempre più à l'ordre du jour e già adottato da almeno tre generazioni, dagli anziani fino ai cosiddetti “nativi digitali”.

I problemi centrali che verranno introdotti saranno allora quelli relativi all'attenzione, alla creatività e alla socialità, nel tentativo di abbozzare una prospettiva al tempo stesso critica e filosoficamente propositiva di fronte alla crisi generalizzata del senso e delle condizioni di esercizio della stessa critica sociale – condizioni dettate da un'economia politica che, grazie all'ideologia neoliberista del “there is no alternative”, viene descritta e concepita da chi detiene e veicola l'informazione come sempre più intoccabile.