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Daria Galateria, Scritti galeotti


  Daria Galateria

Scritti galeotti.
Narratori in catene dal Settecento a oggi


Sellerio, Palermo, 2012
pp. 302, ISBN 88-389-2710-3, € 14,00

 







“La galera è galeotta”, così esordisce Daria Galateria nell’introdurre una carrellata di combattenti perdigiorno e reduci di battaglie libresche, di scapestrati e scapigliati, ma anche resistenti e perseguitati, insinuando così implicitamente, nel rimando dantesco, che la crudezza dell’essere ristretti giova in fondo fatalmente alla seduzione della scrittura, che il poco spazio e il tanto tempo a disposizione necessariamente reclamano evasioni, inducono suggestioni, evocano fantasmi, suggeriscono pensieri, addirittura ridisegnano socialità. Sarà che “la prigione è facile”, come scrive nelle sue memorie una delle poche donne protagoniste, avvezza alla disciplina dell’istitutrice: “finalmente si è liberi del proprio tempo e dei propri pensieri” (p. 87), la reclusione risulta anzi riposante e di notte concilia la scrittura più che il sonno. “Liberati dalla schiavitù dei bisogni”, i prigionieri possono dedicarsi interamente alle libertà dello spirito, eccitato dalla solitudine (p. 167), così il carcere diventa addirittura corroborante e “rinfrescante” (p. 203) e paradossalmente giova alla letteratura: in fondo, pur senza essere incarcerati, “tutti quelli che scrivono è come se stessero in una cella di isolamento” (p. 240). Anzi la galera costringe a riposizionarsi nella prospettiva generale che si proietta sulla propria vita e sul mondo: “L’ergastolo sociale, distribuito nelle sezioni del ceto, delle professioni, dell’età, è all’esterno; in galera c’è una specie di libertà, soprattutto per le donne, abituate a stare al chiuso, e assuefatte alla pazienza, alla manualità, alle astuzie della sopravvivenza” (p. 301)

Sono i letterati al centro dell’attenzione, quelli che in genere, come ricorda l’autrice, finiscono in detenzione perché magari davvero colpevoli di atti criminali, oppure perché eroicamente antagonisti e perfettamente innocenti; talvolta sono solo incauti o troppo avventati, talaltra motivatamente sospetti, blasfemi o sovversivi. Sfilano così i galanti licenziosi come il Marquis de Sade a Charenton, tra pasti sontuosi e piacevoli eccezioni ai rigori carcerari, o Giacomo Casanova in rocambolesca fuga dai Piombi di Venezia; Paul Verlaine accusato del tentato omicidio di Rimbaud e Oskar Wilde, la cui carcerazione permise addirittura a qualche suo carceriere di vincere i concorsi a premio allora in voga sui giornali. Numerosi sono gli stravaganti imprevedibili come Prosper Mérimée, condannato per aver difeso un truffatore, Robert Louis Stevenson, sospettato di essere un vagabondo o una spia, Guillaume Apollinaire incarcerato alla Santé per complicità nel clamoroso furto della Monna Lisa – per la gioia del suo editore soddisfatto della pubblicità insperata –, Filippo Tommaso Marinetti, tradotto con Boccioni a San Vittore ancora con lo smoking della Scala addosso, Dino Campana invasato e incarcerato per sbaglio o il sedicenne François Truffault, consegnato alla giustizia dal padre per furto e debiti e poi renitente alla leva e disertore per le intemperanze già legate al cinema e alle sue primedonne. Altrettanto frequenti sono i casi degli esaltati borderline responsabili di eccessi alcoolici e dipendenze tossiche, come Francis Scott Fitzgerald ubriaco e squattrinato a Roma, colpevole di essere venuto alle mani con un tassista imbroglione e con il poliziotto che si era interposto nella rissa, Malcom Lowry, dai cui disordini psichedelici messicani discende il capolavoro Sotto il vulcano, Hans Fallada arrestato ripetutamente per motivi vari, dall’appropriazione indebita alla cospirazione contro Hitler, fino a concludere la carriera deviante in manicomio criminale per aver sparato alla consorte, come farà del resto anche William Burroughs, giocando a fare il Guglielmo Tell e così uccidendo la giovanissima Joan, e come accadde anche a Norman Mailer, che finì per accoltellare la moglie Adele, da cui fu inizialmente scagionato, ma anche prontamente abbandonato dopo la sentenza di condanna.

Molti sono i combattenti e gli oppositori: i patrioti del Risorgimento italiano come Silvio Pellico, che organizza allo Spielberg con Maroncelli una piccola biblioteca clandestina, o Luigi Settembrini sullo scoglio di Santo Stefano conquistato per i moti del ’48, Heinrich von Kleist prigioniero di guerra in Francia, Fëdor Dostoevskij incarcerato perché cospiratore e poi inviato ai lavori forzati in Siberia, Frank Wedekind, il cui vero nome era il fin troppo repubblicano Benjamin Franklin. Altri sono protagonisti e vittime degli scontri ideologici del Novecento: Robert Desnos, passato per vari campi di concentramento e sopravvissuto alla liberazione, ma non alla denutrizione e al tifo, Franz Hessel internato in un lager francese, Pelham Wodehouse che trova il campo di prigionia tedesco addirittura “un divertimento unico” (p. 218) e poi finisce per essere accusato di tradimento, Jorge Semprún che resiste a Buchenwald recitando poesie. E ancora compaiono il filonazista Robert Brasillach, contro la cui condanna a morte si levarono le voci di Mauriac, Cocteau, Valéry e Camus, Giuseppe Berto passato dalla guerra d’Africa al campo di prigionia in Texas, Jean Giono pacifista e sospetto sia per la destra collaborazionista che per la sinistra comunista, Ezra Pound recluso in isolamento dagli americani a Pisa per le sue trasmissioni radiofoniche di propaganda filofascista, Giovanni Guareschi prigioniero di guerra in Polonia e in Germania, ma anche incarcerato a Parma negli anni ’50 per un attacco a De Gasperi, Curzio Malaparte confinato a Lipari e poi nella elegante Forte dei Marmi, dove soggiorna in una villa raffinata, seconda solo alla stupenda dimora di Capri, Louis Ferdinand Céline, condannato a morte dalla Resistenza come collaborazionista antisemita e arrestato in Danimarca, il premio Nobel norvegese Knut Hamsun, accusato novantenne di simpatie naziste. E infine ecco Aleksandr Solženicyn al gulag, che in realtà sarà una sorta di accademia di aggiornamento e informazione, Václav Havel dissidente e detenuto politico nella Cecoslovacchia comunista dopo la Primavera di Praga, Adriano Sofri accusato di essere il mandante dell’omicidio Calabresi e sempre dichiaratosi innocente.

In qualche caso si tratta di veri e propri balordi fuorilegge, magari già dediti alla delinquenza, che si riscattano nella creazione artistica e in quella trovano la loro vera espressione, così il pluriassassino Pierre François Lacenaire, criminale gentiluomo che ispirerà romanzi e racconti e scriverà lui stesso poesie, Jack London, che dopo il carcere decide di cambiar vita, il nero Chester Himes, diventato scrittore in galera per impegnare il tempo dopo un passato di furti e ricettazione, Jean Genet, notoriamente ladro fin da bambino, sempre vissuto in prigione e quindi libero, come sentenziò Jean Cocteau.

Pochissime sono invece le donne: per esempio la comunarda incendiaria Louise Michel, deportata in Nuova Caledonia e presto diventata la paladina dei canachi, o la nostra Goliarda Sapienza, rinchiusa a Rebibbia quasi fosse stata una sua autonoma scelta. Talvolta le donne sono indirettamente presenti, come le preziose in visita a carceri settecentesche o come Helen Hessel, che qui peraltro compare come moglie protettrice, pur nella sua imprevedibilità, e che notoriamente fu l’ispiratrice del romanzo Jules e Jim di Henri-Pierre Roché, uno dei triangoli più celebri del Novecento anche grazie al celebre film di Truffault.

Anche i filosofi si contano sulle dita di una mano, nonostante il buon numero di condannati e perseguitati che la disciplina può a buon diritto vantare anche nell’arco di tempo preso qui in considerazione. A fronte delle grandi icone della filosofia di tutti i tempi che ad intervalli regolari sempre di nuovo è costretta in catene, sembrano così poca cosa i guai con la giustizia di un Voltaire ventenne alla Bastiglia, poi condannato a un esilio che definirà delizioso, e quindi in libertà vigilata nella Parigi elegante dei tardi anni Dieci del ’700. E allo stesso modo appare solo come una curiosa bagatella quel Diderot rinchiuso a metà del secolo nel torrione della fortezza di Vincennes a causa dei suoi scritti incriminati per intemperanza. Allo scarno manipolo dei filosofi in carcere ricordati da Daria Galateria possiamo aggiungere qui mentalmente almeno Antonio Gramsci o il contemporaneo Bernard Stiegler, che certo non è stato condannato perché filosofo, ma viceversa è diventato filosofo perché condannato e ai suoi cinque anni di detenzione in carcere riconosce di dovere la sua stessa vocazione intellettuale: nel suo caso l’atto criminale e trasgressivo, costringendolo all’interruzione e sospensione dell’ordinario con la reclusione, ossia obbligandolo all’assenza di mondo e di contesto, lo ha messo in realtà a confronto con lo straordinario, attinto nell’ascesi della solitudine e del silenzio ed elaborato nella lettura e nella scrittura come un’anamnesi platonica, un’epochè fenomenologica, una scelta etico-politica aporeticamente decostruzionista (cfr. Bernard Stiegler, Passer à l’acte, Galilée, Paris, 2003; tr. it. Passare all’atto, Fazi, Roma, 2005)

Brioso e godibile soprattutto quando si tratta di malvasie, di teatri, di caffè, abiti, gatti e altre frivolezze, il libro di Daria Galateria non dimentica comunque, pur nella leggerezza di una scrittura sempre brillante e scanzonata, ma mai cinica, che le libertà dello spirito e le agilità della mente, le altezze dell’intelligenza e le perfezioni di scienza e coscienza, di arti e mestieri, si conquistano spesso a prezzo di duri attraversamenti di sozzure, degradi e altre devastazioni.

 

Indice:

La galera è galeotta

1. Voltaire

2. Denis Diderot

3. Donatien Alphonse de Sade

4. Giacomo Casanova

5. Heinrich von Kleist

6. Fëdor Dostoevskij

7. Silvio Pellico

8. Pierre François Lacenaire

9. Prosper Mérimée

10. Luigi Settembrini

11. Louise Michel

12. Paul Verlaine

13. Robert Louis Stevenson

14. Jack London

15. Oscar Wilde

16. Frank Wedekind

17. Guillaume Apollinaire

18. Filippo Tommaso Marinetti

19. Dino Campana

20. Francis Scott Fitzgerald

21. Chester Himes

22. Hans Fallada

23. Jean Genet

24. Malcom Lowry

25. Giuseppe Berto

26. Robert Desnos

27. Robert Brasillach

28. Franz Hessel

29. Jean Giono

30. Ezra Pound

31. Pelham Wodehouse

32. Giovanni Guareschi

33. Jorge Semprún

34. Aleksandr Solženicyn

35. Curzio Malaparte

36. Louis Ferdinand Céline

37. William Burroughs

38. François Truffault

39. Knut Hamsun

40. Václav Havel

41. Norman Mailer

42. Adriano Sofri

43. Goliarda Sapienza